Revista de Ciencias Humanas y Sociales
© 2021. Universidad del Zulia
ISSN 1012-1587/ ISSNe: 2477-9385
Depósito legal pp. 198402ZU45
Portada: El que casi nada dejó
Artista: Rodrigo Pirela
Medidas: 100 x 160 cm
Técnica: mixta sobre tela
Año: 2009
Año 37, Regular No.95 (2021): 33-50
ISSN
1012-1587/ISSNe: 2477-9385
DOI: https://doi.org/10.5281/zenodo.7467632
1
Il lavoro di seguito presentato è stato estrapolato dalla Tesi di laurea di I livello in
“Scienze delle Formazione e del Servizio Sociale” discussa presso il Dipartimento di
Scienze Umane e coordinata dal prof. Ernesto Fabbricatore, docente a contratto di
“Pedagogia della Devianza e del Disagio Minorile” e di “Pedagogia della Cooperazione
Sociale e Internazionale”.
Recibido: 14-06-2021 Aceptado: 16-07-2021
Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati
della città de L’Aquila. Un’analisi qualitativa
1
Emanuela Viscovo
Università degli Studi de L’Aquila (Italia)
emmanuelaviscovo884@gmail.com
Sintesi
Il punto di partenza del presente lavoro è costituito dalla necessità
cognitiva di “disvelare” il complesso e articolato lavoro promosso,
attivamente, dallo SPRAR (Servizi Per Richiedenti Asilo e Rifugiati) della città
de L’Aquila. L’obiettivo cardine è quello di scoprire in che modo, l’equipe
del progetto SPRAR, abbia fronteggiato l’emergenza sanitaria ancora in
corso e quali strategie abbia attuato per mantenere alto il “livello di
operatività”. A rendere empiricamente possibile tale macro-obiettivo è
stata la preziosissima collaborazione da parte di alcuni testimoni privilegiati
interni al progetto. Ampio spazio è stato dunque destinato al contatto con la
realtà empirica; nello specifico, mediante l’adozione di un approccio
esclusivamente di natura qualitativo, è stato possibile raccogliere una serie di
informazioni di assoluta rilevanza conoscitiva.
Parole chiave: SPRAR; Pandemia; Resilienza; Politiche sociali;
Entropatia.
The protection system for asylum seekers and refugees
of the city of L'Aquila. A qualitative analysis
Abstract
The starting point of this work is the cognitive need to "reveal"
the complex and articulated work actively promoted by the SPRAR
(Services for Asylum Seekers and Refugees) of the city of L'Aquila. The
key objective is to find out how the SPRAR project team has faced the
ongoing health emergency and what strategies it has implemented to keep
the "level of operation" high. To empirically make this macro-objective
possible was the invaluable collaboration on the part of some privileged
witnesses within the project. Ample space was therefore allocated to
contact with empirical reality; specifically, by adopting an exclusively
qualitative approach, it was possible to collect a series of information of
absolute cognitive importance.
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Keywords: SPRAR; Pandemic; Resilience; Social Policies;
Entropathy.
El sistema de protección para solicitantes de asilo y refugio en la
ciudad de L’Aquila. Un enfoque cualitativo
Resumen
El “acto de nacimiento” de la investigación está constituido por la
necesidad de “desvelar” el complejo trabajo del SPRAR (Sistema de
Protección para Solicitantes de Asilo y Refugio) de la ciudad de L’Aquila.
El objetivo principal es descubrir las modalidades de trabajo adoptadas
en plena emergencia sanitaria generada por el virus SARS-CoV2 y las
estrategias especificas de asesoría, orientación y acompañamiento
pedagógico desarrolladas. Gracias a la adopción de una estrategia de
investigación rigurosamente cualitativa y a la preciosa colaboración de
algunos “testigos privilegiados” ha sido posible establecer contacto con la
“realidad empírica”muy interesante.
Palabras clave: SPRAR; Pandemia; Resiliencia; Politicas Sociales;
Entropatía.
1. Fondamenti Teorici
L’operazione concettuale che risulta assolutamente fondamentale
intraprendere prima di descrivere in profondità i “contorni” e i
“contenuti” che sostanziano il Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e
per i Rifugiati (S.P.R.A.R) è quella di fare chiarezza rispetto alla
componente semantica dei termini associati allo “straniero” nonché alla
loro posizione nel panorama giuridico italiano.
Come precisato dall’Enciclopedia Treccani (aggiornata nel
2018) con il termine Stranierosi intende “colui che non appartiene
al luogo in cui si trova”; l’etimologia stessa della parola, che deriva
dall’antico francese estrangier (da estranee: estraneo), indica colui che è
alieno ad una data realtà territoriale e giuridica. Diversamente, il
termine extracomunitarioesprime lo stato giuridico di cittadinanza
di un soggetto (persona fisica o giuridica), rispetto alle norme relative
alla cittadinanza europea. Un soggetto extracomunitario è colui che
non possiede la cittadinanza di uno degli Stati membri dell’Unione
Europea, a differenza di coloro che sono invece cittadini dell’Unione
Europea, a tutti gli effetti.
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È importante a tal proposito precisare che dal linguaggio legale-
burocratico, l’espressione si è progressivamente diffusa anche nel
linguaggio comune (a partire dai primi anni ottanta) per designare,
enfaticamente, la diversità dei migranti nel territorio italiano rispetto alla
popolazione locale. Il termine “extracomunitari”, infatti, viene ora
prevalentemente utilizzato per discriminare, rispetto a quella che è la
comunità locale, gruppi eterogenei di persone, connotandoli alla stregua
di una comunità “illegale” e “irregolare”, connotata da segretezza,
sovversità e invisibilità. Secondo il docente Grace Russo BULLARO
(2010), il sentimento dietro il termine extracomunitari è lo stesso di
quello che ha generato il termine. Nel linguaggio letterale, il termine
extracomunitario ha una storia simile a quella di clandestino: nasce come
aggettivo, che significa “non facente parte dell’Unione Europea”. L’uso
come sostantivo è invece successivo. Secondo l’Enciclopedia Treccani, il
termine extracomunitari (specialmente al plurale maschile) indica coloro
che emigrano da paesi economicamente disagiati (specialmente da regioni
dell’Africa e dell’Asia) negli stati dell’Unione Europea, in cerca di lavoro e
di condizioni di vita migliori. È un termine - come già precisato - che
deriva propriamente dal linguaggio burocratico: uno dei rari casi in cui un
vocabolo di natura tecnica è diventato di uso comune.
Volgendo lo sguardo al termine “Clandestino” è da notare come
curiosamente, in origine si trattasse di un aggettivo, poi diffusosi nel
corso del tempo anche come sostantivo e deriva dal latino “clam” (di
nascosto), cui si aggiunge “dies” (giorno). Letteralmente: “che sta
nascosto al giorno, che odia la luce del sole, occulto”. Il significato nella
lingua italiana è riferito a qualcosa che ha carattere di segretezza in quanto
difforme dalla Legge o dalle norme sociali e quindi perseguibile per via
giudiziaria o soggetto a condanna morale. I sinonimi sono “nascosto,
segreto”. L’aggettivo si riferisce a qualcosa che avviene di nascosto
dall’autorità, in segreto, di soppiatto, a qualcosa di vietato: matrimonio
clandestino o relazione clandestina, giornale clandestino, bisca
clandestina.
Da un punto di vista giuridico-normativo è da notare come il
termine “clandestino” strictu-sensu esista solo “velatamente” o, ancor
meglio, “celatamente”; la parola non è presente nel testo della Legge
Bossi-Fini, nel Testo Unico sull’immigrazione che all’articolo 10 bis
disciplina il cosiddetto “reato di clandestinità”, senza però usar mai
questo termine, definendolo invece: “Ingresso e soggiorno illegale nel
territorio dello Stato”. Ancor meno il reato di clandestinità è menzionato
nel pacchetto sicurezza che lo ha introdotto la Legge del 15 luglio 2009 n.
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94. Si tratta dunque di un’espressione molto usata dalla politica e dai
media pur senza un riferimento giuridico.
La “lotta all’immigrazione clandestina” compare invece all’articolo
19 del Trattato di amicizia fra l’Italia e la Libia (Trattato di amicizia,
partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la grande
Giamahiria araba libica popolare socialista). Il trattato non è più in vigore
dalla guerra in Libia del 2011. Per quanto riguarda invece la figura dei
richiedenti asilo”, come precisato dall’ UNCHR (Alto Commissariato
Per Le Nazioni Unite per i Rifugiati) si tratta di tutte quelle persone che
hanno lasciato il loro Paese d’origine, hanno inoltrato una richiesta
d’asilo in un’altra nazione e aspettano la risposta sul riconoscimento dello
status di rifugiato da parte delle autorità del Paese che li ospita.
Chiarimenti concettuali preliminari di assoluta rilevanza che,
nell’ambito della pedagogia interculturale, assumono un ruolo di assoluta
centralità teorico-metodologica e tecnico-operativa. Come ampiamente
sottolineato da VACCARELLI (2009) e da altri autori (FIORUCCI,
2017), oggi le questioni migratorie rappresentano uno dei principali
elementi della contemporaneità ma spesso vengono affrontate con
superficialità, facendo ricorso a semplificazioni inaccettabili che non
spiegano, che non tengono conto delle variabili in gioco, che non aiutano a
decodificare le complesse trame delle relazioni fra i fattori in gioco; i
processi di globalizzazione e di interdipendenza planetaria in atto, nonché
la configurazione in senso multiculturale delle odierne società,
interrogano profondamente i sistemi educativi e formativi che devono
oggi mirare alla formazione dei cittadini del mondo. L’educazione, la
formazione, l’accompagnamento del cittadino di oggi verso quello del
domani, nel tempo della globalizzazione dell’interdipendenza planetaria,
non può non essere coniugata in chiave interculturale. Come sottolineato
a chiare lettere da FIORUCCI (2017, p.10), l’approccio interculturale, da
considerare come la risposta pedagogica migliore alla situazione
modificata, tiene conto di tutte le differenze presenti, considerando i
concetti di “identità” e “cultura” in maniera dinamica e l’alterità,
l’emigrazione, la vita in una società complessa e multiculturale come
opportunità di arricchimento e di crescita individuale e collettiva.
1.1. L’inquadramento giuridico dello straniero in Italia
L’art 10, comma 3, della Costituzione italiana stabilisce i diritti e i
doveri dello straniero come soggetto protetto e tutelato
Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati della città de L’Aquila.
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costituzionalmente; in particolare, lo straniero a cui sia impedito, nel
proprio Paese di provenienza, l’effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel
territorio della Repubblica Italiana, secondo le condizioni stabilite dalla
Legge. Uno straniero quindi può chiedere e ottenere lo status di
“rifugiato”, all’interno del Paese italiano, se dimostra di avere giustificato
timore di poter essere perseguitato (entro il territorio del proprio Paese)
per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo
sociale o per le proprie opinioni politiche. Il diritto di asilo non spetta,
tuttavia, allo straniero che costituisce un pericolo per la sicurezza dello
Stato, che ha commesso gravi reati dentro o fuori dal territorio italiano,
crimini contro la pace, crimini contro l’umanità e crimini di guerra o,
infine, atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite stesse. In
Italia, la domanda di asilo può essere presentata all’ufficio di Polizia alla
frontiera oppure all’Ufficio Immigrazione presso la Questura del luogo in
cui il richiedente intende avere il proprio domicilio.
Recentemente, il Parlamento italiano ha convertito in Legge
il Decreto sicurezza n. 130/2020 emanato dal Governo il 21 ottobre
2020, segnando un rilevante mutamento di rotta nella politica
dell’immigrazione. Con l’introduzione del permesso di protezione speciale a
salvaguardia della vita privata e familiare dello straniero, la nuova Legge apre
scenari inediti sul tema dei “migranti climatici”, ridisegnando il permesso
per calamità naturale.
La prima rilevante novità normativa è quella che pone rimedio
all’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, voluta
nel 2018 dal Governo guidato da M5S e Lega. La nuova Legge,
reintroduce la stessa discrezionali alla base del permesso umanitario,
consentendo di concedere asilo quando ragioni umanitarie lo impongono.
1.2. Lo SPRAR della città de L’Aquila
Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR)
dell’Aquila è costituito dalla rete degli enti locali
2
che per la realizzazione
di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse
disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. A
livello territoriale gli enti locali, con il prezioso supporto delle realtà del
terzo settore, garantiscono interventi di accoglienza integrata che
superano la sola distribuzione di vitto e alloggio prevedendo, in modo
2
Comitato Territoriale Arci l’Aquila, ente gestore individuato attraverso una gara di affidamento del
servizio; in sostanza si tratta di un’associazione di promozione sociale impegnata sui temi della cultura, della
pace, dell’inclusione sociale, della solidarietà, dei diritti e della cittadinanza attiva.
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complementare, anche misure di informazione, accompagnamento,
assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi
individuali di inserimento socio-economico. Il primo progetto SPRAR
presentato dal Comune dell’Aquila al Fondo Nazionale per le Politiche e i
Servizi d’Asilo (FNPSA) è stato quello relativo al triennio 2011-2013,
nel bando dell’Ottobre 2010, all’interno del quale si prevedeva una
disponibilità di 15 posti.
Il principale settore d’intervento è quello dedicato alle attività di
accoglienza e di int egrazione di cittadini stranieri. Inizialmente
3
il
Progetto è rientrato sotto quella che è stata definita Emergenza Nord
Africa (ENA) ovvero si è configurato nelle vesti di un “centro di
prima accoglienza” CAS (centro di accoglienza straordinaria, che assicurava
la formalizzazione della richiesta della domanda di asilo politico,
accompagnando gli utenti in tutto il percorso legale-burocratico con il
fine di giungere allo Status di rifugiato). Nel 2013 da CAS si è passati,
ufficialmente, al progetto SPRAR della città de L’Aquila il cui intento
cardine è quello di mirare alla ricostruzione di un nuovo “progetto di
vita” mediante l’attuazione di una serie articolata di servizi di
accoglienza e di integrazione. Lo SPRAR, inoltre, si avvale di una
equipe multidisciplinare composta da: coordinatore del progetto, due educatori
professionali, un assistente sociale, due mediatori culturali, due psicologhe e un
avvocato (il quale monitora la posizione giuridica di ciascun beneficiario
interno al progetto).
L’approccio all’accoglienza proposto in seno allo SPRAR della
città dell’Aquila mira ad avere una rilevanza universale, valevole sempre,
pur nella specificità della presa in carico delle singole persone accolte.
L’obiettivo prefissato di una (ri)conquista dell’autonomia deve essere
comune a ogni tipologia di accoglienza, a prescindere dalle
caratteristiche dei beneficiari. Un obiettivo unico per la presa in carico
di tutti: adulti e minori non accompagnati, nuclei familiari e singoli, uomini e
donne, portatori di specifiche vulnerabilità o di fragilità più ricorrenti. Allo stesso
modo pur salvaguardando sempre l’esigenza di declinare gli interventi
secondo il genere, l’età e più in generale, l’unicità di ogni singola
persona i servizi che vengono presentati e narrati devono
necessariamente essere garantiti sempre, per tutti gli accolti e con il
medesimo approccio. Pertanto ogni servizio risulta fondamentale in
ogni percorso di inclusione sociale tendente verso l’autonomia. Sono, poi,
3
I primi arrivi all’Aquila sono avvenuti nel novembre 2011
Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati della città de L’Aquila.
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le caratteristiche personali di chi accolto che ne dettagliano le modalità
di attuazione.
2. Metodologia
Uno degli obiettivi cardine che vede nascere il presente lavoro è
quello di comprendere in che modo l’equipe dello SPRAR della città de
L’Aquila ha fronteggiato l’emergenza sanitaria ancora in atto e quali
strategie abbia messo in campo; si tenterà inoltre di scoprire quali siano
state le reazioni dei beneficiari del progetto dinanzi a tale cambiamento.
Saranno le “loro parole” a raccontare le sensazioni provate
4
; nello specifico,
mediante il ricorso ad una strategia di ricerca di natura esclusivamente
qualitativa (CORBETTA, 2015) si tenterà di porre l’attenzione sulle
criticità vissute e sugli aspetti funzionali a favorire il superamento del
bournout dell’equipe del progetto durante l’emergenza sanitaria ancora in
corso.
Alla luce dell’obiettivo cognitivo individuato, si è ritenuto
opportuno adottare uno strumento di rilevazione delle informazioni
come la conversazione guidata; si tratta in sintesi di una conversazione
provocata dall’intervistatore(CORBETTA, 2015, Cap. 11), sulla base di uno
schema flessibile e non standardizzato di interrogazione. La
conversazione guidata, dunque, consiste in conversazioni estese tra il
ricercatore e l’intervistato, durante le quali il ricercatore cerca di ottenere
informazioni quanto più dettagliate e approfondite possibili sul tema della
ricerca. Al pari delle altre tecniche qualitative, l’obiettivo primario della
conversazione è quello di accedere alla prospettiva del soggetto studiato,
cogliendo le sue interpretazioni della realtà e i motivi delle sue azioni.
Nel rispetto dei protocolli previsti dall’emergenza sanitaria in
corso, in linea con gli obiettivi peculiari del presente lavoro, si è ritenuto
opportuno incontrare parte dei membri dell’equipe del progetto SPRAR
della città de L’Aquila e parte degli ex beneficiari, con l’obiettivo di trarre
informazioni riguardanti le strategie messe in atto nella nuova
organizzazione lavorativa dell’intera equipe e avene un riscontro dagli
ospiti. Ciascun incontro è durato all’incirca 30 minuti.
Alla luce di tale scelta metodologica, nel tentativo di promuovere
un “colloquio attivo (GORDON, 2014: 82), la conversazione è stata
avviata formulando, inizialmente, una “frase stimolo” per poi ascoltare,
4
Per questi motivi ho deciso di adottare la conversazione guidata come strumento di rilevazione delle
informazioni e ricorrere ad un approccio di tipo esclusivamente qualitativo.
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senza operare alcuna interruzione, l’altro; successivamente sono stati
approfonditi alcuni aspetti del loro racconto, facendo così diventare, il
“nostro”, un vero e proprio “dialogo interattivo”. La scelta della tecnica
adottata rimanda al “metodo Gordon” il quale consiste nel “porsi in ascolto”
lanciando messaggi di accoglienza verbali (ad esempio “ho capito” o
“spiegami meglio”), ponendo domande al proprio interlocutore e
riproponendo il contenuto del suo discorso con parole diverse nel
tentativo di approfondire i bisogni sottesi alle argomentazioni fornite.
Gli argomenti generali trattati durante le “conversazioni guidate”,
opportunamente individuati, sono indicati nella tabella di seguito
presentata:
Ostacoli incontrati
dovuti
all’emergenza
Covid-19
Cambiamenti
avvenuti
Strategie attuate
Implicazioni Socio-
Relazionali
Cambiamenti sulle
modalità di
comunicazione
Difficoltà
incontrate
Implicazioni
Organizzative
Equipe e Bournout
Strategie che
hanno portato al
superamento del
Bournout
Riscontri dei
beneficiari
Sensazioni vissute
durante il
cambiamento
Esperienza
emotiva durante il
COVID-19
3. Analisi delle informazioni e Risultati
Secondo gli psicologi James e Hull la motivazione (MOÈ, 2020, p.
50) o il comportamento emotivo studiato in ambito della psicologia generale,
risulta essere il motore delle azioni, è la spinta che porta un individuo a
raggiungere determinati obiettivi. Come riportato da P. BARONE (2017,
p. 65), in ambito psicoanalitico Freud parla invece di pulsione per fare
riferimento a quelle spinte motivazionali che governano il
comportamento dell’inconscio. La spinta motivazionale ad agire entra in
gioco quando l’organismo perde il proprio stato di equilibrio a causa di
un bisogno che insorge. Il comportamento motivato è quindi caratterizzato
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dalla mobilitazione delle risorse energetiche (fisiche e psichiche), dalla
reiterazione degli sforzi (fino al raggiungimento dell’obbiettivo) e dalla
variabilità di tentativi.
Quando si parla di motivazione si fa riferimento allo stato di
tensione che si crea per il raggiungimento di un bisogno, all’obiettivo
preposto e al comportamento strumentale che consente il
soddisfacimento dell’individuo. Secondo Maslow invece, è possibile
disporre i bisogni lungo una piramide, secondo un ordine (dal basso verso
l’alto) progressivo basato sulle necessità di sopravvivenza dell’individuo. I
bisogni più alti non vengono avvertiti se quelli precedenti non sono stati
soddisfatti. I primi due scalini della piramide fanno riferimento ai bisogni
più impellenti, ovvero quelli fisiologici (in questa categoria rientrano le
necessità primarie legate alla fame e alla sete) e i bisogni di sicurezza (una
volta soddisfatto il bisogno di cibo, l’essere umano sente il bisogno di
essere parte di un gruppo per proteggersi meglio dai pericoli esterni).
Nella parte alta della piramide vi sono i bisogni afferenti alla vita psichica
dell’individuo, ovvero i bisogni di affetto da parte di altri esseri umani, i
bisogni di stima, una volta amati è importante essere riconosciuti dagli
altri per le proprie capacità e infine ci sono i bisogni di autorealizzazione
ovvero quello di sentirsi soddisfatti di chi si è e di cosa si faccia
(MASLOW, 2010, p. 31).
Dai riferimenti teorici alla vita quotidiana è evidente quanto la
motivazione sia posta al centro delle azioni compiute e alle scelte che
l’individuo fa, è chiaramente collegata alla lettura dei bisogni per se stessi e
per gli altri; ad esempio V.V. ha iniziato la conversazione dicendo
“ti darò tutte le informazioni che vorrai sapere, prima però vorrei raccontarti
come ho iniziato a lavorare in questo mondo, per me è importante”…“, e proprio in
quel frangente di tempo che scoprii di sentirmi realmente utile, acquisii la
consapevolezza di star realmente crescendo nella mia professione quando per la prima
volta andai a prendere dei ragazzi appena sbarcati, lessi nei loro occhi la disperazione
di chi aveva perso tanto compresa la loro identità eppure si stavano affidando a me che
neanche mi conoscevano.
Se in queste parole si leggono bisogni di autorealizzazione e voglia di
restituire l’identità a coloro che quasi l’avevano persa, in altre si leggono
bisogni di sicurezza ovvero quelli di sentirsi appartenenti ad un gruppo; ne
è un esempio M.A. il quale precisa:
“Mi sentivo un leone in gabbia, all’interno di Anaelwii ero M.A. ma al
difuori ero nessuno. Non potevo neanche uscire al difuori del Libano…io il turista
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non potevo farlo. Invece qui in Italia ho ottenuto lo status da rifugiato politico,
posso andare in diverse parti di Europa da uomo libero”.
Da queste parole se da un lato si evince la forte motivazione
che ha portato l’individuo a lasciare il proprio paese di origine e si
percepisce la sua determinazione che in seguito lo ha portato al
raggiungimento del suo obiettivo di vita, dall’altro fa comprendere il
suo forte vissuto dovuto ad una situazione a lui stretta, interpretabile
altresì alla luce delle quattro dimensioni pedagogiche del corpo, del
pensiero, dello spazio e del tempo. Come suggerito da P. BARONE
(2017, p.183), il corpo è inteso come ristrutturazione dell’immagine di
lo stesso che parla continuamente del processo di definizione e di
costruzione identitaria del soggetto. Il pensiero è inteso come bisogno di
elaborazione e sperimentazione della realtà e della sua concreta
effettualità. Lo spazio è inteso sia come spazio corporeo che mentale,
utile per riconnettersi alle dimensioni precedentemente illustrate,
attraverso cui rendere praticabile il compito di elaborazione del
sentimento di individuazione soggettiva.
Quarta ed ultima dimensione è quella del tempo, in cui c’è in
gioco la centralità del rapporto tra presente e futuro, dove il primo
sembra dilatarsi a dismisura fino ad annullare nella percezione e nei
vissuti il rapporto con un passato che è stato disconosciuto, facendo
prevalere una sorta di assolutizzazione del “qui e ora”; il secondo,
invece, per certi versi si contrae, per lo meno nelle rappresentazioni
che emergono dai vissuti di paura, di sofferenza, di incertezza, legate
soprattutto al timore della riuscita nel compimento del faticoso
percorso verso l’età adulta, per altri versi invece definisce una massima
apertura, presentandosi come condizione che offre una straordinaria
molteplicità di possibilità. Queste quattro dimensioni oltre ad estrapolarle
dalle parole di M.A. (ex beneficiario del progetto SPRAR dell’Aquila)
le quali comunicavano la voglia di realizzare il suo sogno di vita in un
altro posto del mondo dovuto ad una situazione che a lui stava stretta
(“mi sentivo un leone in gabbia”) in modo sottointeso sono emerse anche
dalle parole dell’assistente sociale V.V.
“non posso scendere nei dettagli, ma ciò che posso dirti è che loro hanno due
vite: una che lasciano nel proprio paese di origine e un’altra che iniziano qui in
Italia…e senza metabolizzare ciò che si è lasciato non si può vivere serenamente”.
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Dinanzi a queste frasi sembra esserci un mondo dietro, come
quello di un buon grado di preparazione il quale permette di essere
pronti ad agire senza potersi permettere di perdere tempo”. Le
parole di V.V. esprimono chiaramente l’indispensabilità di dover
lavorare in primis sul passato di una persona per poi lavorare sul
presente. Dunque, empatia ed entropatia sono le parole chiavi di chi
svolge come professione quella di assistente sociale, educatore
professionale e psicologo; V.V. a tal proposito chiarisce:
per chi svolge questo tipo di professione, non lo vive come un semplice
lavoro, loro diventano quotidianità, si creano legami, nascono preoccupazioni”
“se penso alla mia prima esperienza lavorativa piango ancora”.
Assumere un approccio empatico è il metodo che permette di
porre in modo corretto la relazione. È l’esperienza che esaudisce i
bisogni di ognuno di essere accolti, conosciuti ed amati, è
riconoscimento dell’altro come soggetto unico ed irripetibile,
comprendendo il suo modo d’essere non solo per quello che è ma per
quello che può essere. Si può affermare che l’empatia sia una
competenza relazionale e dialogica necessaria per chi opera con
soggetti in formazione. La mancanza di empatia può causare blocchi
emotivi, disturbi di strutturazione della personalità, danni
abitualmente sottovalutati proprio da chi dovrebbe tenerli sempre ben
presenti, per orientare al meglio il proprio agire (ALBIERO, 2001, p.
48). Assumere un approccio entropatico (BARONE, 2018, p. 170) invece,
vuol dire porsi in un atteggiamento non pregiudicato, riuscire a
relativizzare le proprie convinzioni, il proprio modo di pensare ed
assumere uno stile educativo fondato sull’ enteropatia, che non è
accettazione incondizionata della visione del ragazzo ma sospensione
momentanea dei propri schemi interpretativi.
Non sempre ciò risulta semplice, soprattutto quando accadono
eventi inaspettati che comportano un cambiamento e bisogna
reinventarsi; ad esempio V.V. dice:
Invece la situazione attuale ha fatto provare a noi professionisti la
sensazione di incertezza, ci chiedevamo in continuazione in che modo potessimo
essere ancora
utili, abbiamo vissuto esperienze di burnout che grazie agli incontri su
skype con la psicologa abbiamo superato. Ci siamo rimboccati le maniche e subito
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abbiamo iniziato a progettare nuovi metodi di intervento e facendo in questo modo
ci siamo rialzati…se così si può dire”,
oppure le parole di F.R.:
“eh… ad oggi tutto si fa in modalità smart working, il che all’inizio è
stato un vero e proprio disagio. Io personalmente mi mettevo sotto esame, mi
chiedevo se riuscivo ad arrivare agli utenti, mi chiedevo se riuscivo a farmi capire
bene e se effettivamente riuscivo a cogliere i loro bisogni e le loro richieste”.
È evidente quanto il cambiamento comporti la sensazione di
bournout (termine introdotto dallo psichiatra Herbert Freudenberg
nel 1974) ovvero sindrome da stress lavorativo, caratterizzata da
esaurimento emotivo, irrequietezza, apatia, depersonalizzazione e
senso di frustrazione, frequente soprattutto nelle professioni ad
elevata implicazione relazionale (VIOLA, 2008); quanto evidente è
che a favorire il superamento di questa condizione è stato l’aiuto di
un supporto psicologico di equipe ad accompagnarli nel percorso
di adattamento alle condizioni attuali favorendo inoltre lo sviluppo
della resilienza. Come riportato da AMATO (a c. di) in Pandemia e
Resilienza (2020, p. 15) è importante prendere atto delle difficoltà
incontrate date dall’emergenza sanitaria ancora in corso ove ogni
tipologia di intervento (nel caso dello SPRAR dell’Aquila) si riduce
alla modalità Smart-Working; difficoltà generate dai divari digitali e
prendere coscienza che la contrapposizione, spesso proposta, fra
un mondo reale analogico (positivo) e un mondo virtuale digitale
(negativo) viene fortemente ridimensionata quando il digitale
diventa quasi l’unico spazio possibile di relazione (umana, educativa,
commerciale) e di condivisione in tempo reale. A tal proposito, ad
esempio F.R. afferma:
Poi è successo che pian piano ho imparato a comunicare in questo
modo, in via telematica anche perché è l’unico mezzo che ad oggi abbiamo
“…” La comunicazione, quella è fondamentale! Non importa se la modalità
di comunicare è cambiata…l’importante è parlare, parlare e poi parlare, solo
attraverso il dialogo si cresce”.
Da queste parole, inoltre, si aggiunge un altro elemento
ovvero quello dell’importanza della comunicazione grazie alla quale ci
permette di entrare in relazione con l'altro. Creare relazioni
Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati della città de L’Aquila.
Un’analisi qualitativa
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Revista de Ciencias Humanas y Sociales. FEC-LUZ
significative è uno dei bisogni fondamentali dell'essere umano.
Pertanto, quando lo scambio di informazioni diventa difficile, ne
risente la relazione e, di conseguenza, il proprio benessere
psicologico e quello degli altri. Quando si parla di comunicazione
se ne parla anche in termini non verbali come la gestualità, la
postura e le espressioni facciali che trasmettono tanto; quando il
contatto diretto con le persone viene a mancare può risultare
complicato captare in modo veloce alcuni aspetti e bisogni
inespressi dell’altro. Ad essere la prova di quanto detto sono le
parole dell’assistente sociale e dell’educatore professionale che
operano all’interno del progetto SPRAR dell’Aquila. V.V.:
ovviamente in presenza era totalmente diverso, riuscivo ad avere una
chiave di lettura più ampia…ad esempio osservavo la postura del ragazzo e tutto
ciò che rientra nel linguaggio non verbale…adesso riesco a cogliere lo stesso
determinati aspetti, con la differenza che mentre prima li avrei colti in uno o
due incontri, adesso li colgo dopo un bel po' di incontri”.
F.R.: “se prima veniva colto un bisogno inespresso in un’ora di
conversazione, adesso viene colto dopo un po' di tempo”.
Altro aspetto di enorme importanza rilevato dalla
comunicazione è quello della fiducia ovvero quell’attribuzione di
potenzialità conformi ai propri desideri sostanzialmente motivata
da una vera o presunta affinità elettiva o da uno sperimentato
“margine di garanzia”: quello cioè di avere fiducia in una persona,
nel progresso e nelle proprie forze; come sottolineato da V.V.:
“il livello di fiducia è cresciuto sia tra noi colleghi che tra noi e i
ragazzi…abbiamo acquisito consapevolezza che siamo una rete e ci siamo gli
uni per gli altri”.
I tasselli della fiducia si uniscono e si incastrano uno ad uno
all’aumentare delle esperienze condivise. Contemporaneamente, il
comportamento del singolo durante tale esperienza lavorativa farà
emergere valori, principi, ottiche, punti di vista, elementi caratteriali
che andranno a creare l’idea della persona nella quale riporre più o
meno fiducia. In una situazione di gruppo, la trasparenza, il
rispetto, l’apertura e l’ascolto rispettoso e senza giudizio sono alla
base della costruzione della fiducia. Una persona coerente e capace
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di mantenere gli impegni prefissati sarà vista come una persona di
cui ci si può fidare. Una comunicazione aperta tra pari, inoltre,
faciliterà processi creativi di miglioramento personale e lavorativo.
Sono questi tutti piccoli tasselli che posti alla base di un rapporto
costruttivo lavorativo basato sulla fiducia porterà al
raggiungimento di traguardi importanti di crescita e soddisfazione.
La fiducia si costruisce attraverso chiare e ripetute azioni che
confermano le aspettative pronunciate all’interno della relazione
con l’altro; più le aspettative verso l’altro sono sistematicamente
confermate dal suo comportamento maggiore sarà il grado di
fiducia riposta in quella persona o in quel gruppo. E questo vale
soprattutto quando ci si trova a lavorare all’interno di un gruppo di
lavoro. In quest’ultimo caso diventa fondamentale investire tempo
e risorse per la creazione di un condiviso stato di reciproca fiducia tra
tutti i membri del team (GALIMBERTI, 2020, p. 38).
Gli ingredienti della fiducia, quindi, risultano essere il tempo e il
dialogo i quali producono legami. Il legame è un fattore che richiama
un’elevata importanza; la terminologia di questa parola rimanda ad un
rapporto affettivo il quale si evince dalle parole di M.A.:
“posso definirmi autonomo eppure loro ogni tanto mi chiamano per
chiedermi se va tutto bene, se ho bisogno di qualcosa…questo a me piace più di
ogni altra cosa, nonostante il mio percorso sia terminato, loro cercano di non
perdere mai i contatti con gli ex beneficiari”.
In queste righe, oltre a percepire il legame tra gli utenti e l’equipe
del progetto SPRAR della città dell’Aquila, si ha anche un’altra chiave
di lettura; quella di quanto, effettivamente il lavoro di equipe sia stato
e sia funzionale nonostante i cambiamenti delle modalità d’intervento,
richiamando, quindi, un concetto di rilevata importanza che ha
generato la buona riuscita del lavoro svolto, ovvero quello di Resilienza
Trasformativa. Una resilienza che si basa sul superamento della
tentazione di un ritorno al ‘prima e che risulta essere sempre in
continuo movimento, quindi, non più una resilienza adattiva e statica,
pertanto trasformativa (AMATO, 2020).
Inoltre l’equipe del progetto SPRAR della città dell’Aquila ha
dimostrato che nonostante siano inevitabilmente occorsi periodi di
Bournout implicati dal cambiamento radicale delle modalità lavorative,
Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati della città de L’Aquila.
Un’analisi qualitativa
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è riuscito a mantenere alto il livello professionale di operatività; ha
reagito in modo resiliente e positivo, favorendo comunque
l’erogazione dei servizi agli ospiti i quali hanno riservato loro tanta
gratitudine:
M.A.: “perché si vede che non lavorano per soldi, mettono tutto se stessi in
quello che fanno, loro mi hanno fatto sentire una priorità…per me e per chi vive
una situazione simile alla mia questo è un aspetto molto importante. Io ne sono
veramente grato”.
F.F.: Io sono la prova del buon lavoro che qui al progetto viene svolto,
non mi hanno mai abbandonato, loro sono sempre disponibili e sempre pronti ad
aiutarci. Anche se ad oggi non sono più un beneficiario dello SPRAR è come se ne
facessi ancora parte…io li ringrazierò per tutta la vita”.
4. Riflessioni Conclusive
Alla luce delle informazioni raccolte risulta doveroso chiarire,
sinteticamente, l’importanza del costrutto emerso grazie al lavoro di
ricerca condotto; nello specifico, in riferimento al concetto di resilienza
trasformativa, il “Joint Research Center”
5
della Commissione Europea, in
un recente studio ha individuato cinque dimensioni costitutive: prevenire,
preparare, proteggere, promuovere e trasformare (GIOVANNINI, 2018, p.43).
Diventa fondamentale quindi insegnare la cultura della
sostenibilità, quella che permette di arrivare al quinto punto: la
trasformazione di processi, prodotti e comportamenti. Anche prima di questa
crisi si sapeva quanto il mondo fosse interdipendente; oggi però
l’emergenza sanitaria in corso ci porta a percepire concretamente tale
realtà, in un mondo in cui le distanze di tempo e di spazio sono state
annullate. È necessario dunque adottare strumenti nuovi che possano
implicare una visione più sistemica e una migliore capacità di ascolto; il
tempo che abbiamo davanti è il tempo del realismo e della responsabilità
e dunque ritengo sia necessario attuare una resilienza che non sia più
adattiva e statica ma trasformativa e in continuo movimento.
Da un punto di vista metodologico inoltre, vale la pena offrire,
conclusivamente, una sorta di “modello” mediante cui è possibile
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Opción, Año 37, Regular No.95 (2021): 33-50
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sintetizzare il modus operandi di una struttura tanto complessa quanto
affascinante come lo SPRAR de L’Aquila.
Le componenti che rendono eccellenti lo SPRAR della città de
L’Aquila
Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati della città de L’Aquila.
Un’analisi qualitativa
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Revista de Ciencias Humanas y Sociales. FEC-LUZ
Modello elaborato da Emanuela Viscovo come sintesi grafica e
concettuale del Modus Operandi dello SPRAR della città de L’aquila.
Allegati : la
voce delle foto
Informazione e formazione: elementi
cardine del progetto SPRAR
dell’Aquila; nella foto, un
momento di orientamento al
lavoro per i giovani studenti del
Dipartimento Delle Scienze
Umane del capoluogo d’Abruzzo.
Formazione intesa come
apprendimento iniziale della
lingua italiana, primo step ritenuto
indispensabile per far fronte ad
altre tipologie di formazione,
come quella lavorativa.
Sport inteso come “strategia di
integrazione”, fonte da cui
attingere regole, rispetto e disciplina.
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UNIVERSIDAD
DEL ZULIA
Revista de Ciencias Humanas y Sociales
Año 37, N° 95 (2021)
Esta revista fue editada en formato digital por el personal de la Oficina de
Publicaciones Científicas de la Facultad Experimental de Ciencias, Universidad del
Zulia. Maracaibo - Venezuela
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