Revista de Ciencias Humanas y Sociales. FEC-LUZ
È importante a tal proposito precisare che dal linguaggio legale-
burocratico, l’espressione si è progressivamente diffusa anche nel
linguaggio comune (a partire dai primi anni ottanta) per designare,
enfaticamente, la diversità dei migranti nel territorio italiano rispetto alla
popolazione locale. Il termine “extracomunitari”, infatti, viene ora
prevalentemente utilizzato per discriminare, rispetto a quella che è la
comunità locale, gruppi eterogenei di persone, connotandoli alla stregua
di una comunità “illegale” e “irregolare”, connotata da segretezza,
sovversità e invisibilità. Secondo il docente Grace Russo BULLARO
(2010), il sentimento dietro il termine extracomunitari è lo stesso di
quello che ha generato il termine. Nel linguaggio letterale, il termine
extracomunitario ha una storia simile a quella di clandestino: nasce come
aggettivo, che significa “non facente parte dell’Unione Europea”. L’uso
come sostantivo è invece successivo. Secondo l’Enciclopedia Treccani, il
termine extracomunitari (specialmente al plurale maschile) indica coloro
che emigrano da paesi economicamente disagiati (specialmente da regioni
dell’Africa e dell’Asia) negli stati dell’Unione Europea, in cerca di lavoro e
di condizioni di vita migliori. È un termine - come già precisato - che
deriva propriamente dal linguaggio burocratico: uno dei rari casi in cui un
vocabolo di natura tecnica è diventato di uso comune.
Volgendo lo sguardo al termine “Clandestino” è da notare come
curiosamente, in origine si trattasse di un aggettivo, poi diffusosi nel
corso del tempo anche come sostantivo e deriva dal latino “clam” (di
nascosto), cui si aggiunge “dies” (giorno). Letteralmente: “che sta
nascosto al giorno, che odia la luce del sole, occulto”. Il significato nella
lingua italiana è riferito a qualcosa che ha carattere di segretezza in quanto
difforme dalla Legge o dalle norme sociali e quindi perseguibile per via
giudiziaria o soggetto a condanna morale. I sinonimi sono “nascosto,
segreto”. L’aggettivo si riferisce a qualcosa che avviene di nascosto
dall’autorità, in segreto, di soppiatto, a qualcosa di vietato: matrimonio
clandestino o relazione clandestina, giornale clandestino, bisca
clandestina.
Da un punto di vista giuridico-normativo è da notare come il
termine “clandestino” strictu-sensu esista solo “velatamente” o, ancor
meglio, “celatamente”; la parola non è presente nel testo della Legge
Bossi-Fini, né nel Testo Unico sull’immigrazione che all’articolo 10 bis
disciplina il cosiddetto “reato di clandestinità”, senza però usar mai
questo termine, definendolo invece: “Ingresso e soggiorno illegale nel
territorio dello Stato”. Ancor meno il reato di clandestinità è menzionato
nel pacchetto sicurezza che lo ha introdotto la Legge del 15 luglio 2009 n.